venerdì 15 ottobre 2010

Ragazzate d'oltrealpe.

"Le jeux sont faits, rien ne va plus!". La roulette gira, gira gira, finché l'impietosa pallina si conficca su un 27 nero. Per Daniele Franceschi tutto finisce lì: la serata al casinò, la vacanza, la libertà, la vita.
Il trentaseienne di Viareggio, in vacanza a Nizza con amici, si appresta a saldare il conto con il casinò. Ma qualcosa va storto: la carta di credito sembra essere falsa. Una rapida chiamata alle autorità e - con un'efficienza rara - il giovane viene arrestato dalla gendarmeria francese: è il marzo 2010.
Cinque mesi dopo Daniele muore nel carcere di Grasse, nell'entroterra di Cannes. La versione ufficiale parla di "arresto cardiaco": uno di quei tipici arresti cardiaci che colgono i trentaseienni in buona salute.
E' forse stata la paura, a fermare il cuore del ragazzo? Perché a giudicare dalle lettere mandate ai genitori durante il soggiorno in carcere, ne avrebbe avuto ben donde: si parla di sopraffazioni continue, minacce, violenza. Da parte di tutti: guardie e detenuti. O forse è stata la violenta febbre a 41 gradi, sopraggiunta il 23 agosto (circa una settimana prima della morte) e ignorata completamente da tutti, a scombussolare la situazione.
Non fantasie, queste, ma fatti: raccontati in una lettera da Abdel, compagno di cella di Daniele, che si dice pronto a testimoniare.

Fino a qui la storia sembra riprendere un format all'italiana quasi classico, il "apri la cella e trova il morto" già mandato in onda da noi più volte. Ma i francesi - si sa, d'un altra classe - sanno aggiungere quel tocco in più alla novella.
La madre di Daniele, fin da subito incredula nei confronti della presunta "morte naturale" del figlio, stava protestando di fronte al carcere sopracitato, quando alcuni agenti hanno deciso che una simile protesta integrava il vilipendio alle istituzioni francesi. Risultato? Tre costole incrinate per la signora Antignano, ed una cella anche per lei. Se non fosse stato per l'intervento del consolato, probabilmente a quest'ora sarebbe ancora lì, chiedendosi quando sarebbe toccato a lei un arresto cardiaco.
L'ulteriore pennellata di stile al tutto viene dalla peculiare gestione degli eventi da parte delle autorità francesi: la ritrosia nel mostrare la salma ai genitori, sul suolo francese; l'autopsia blindata a cui non viene ammessa la presenza di un medico legale italiano. Due scelte che trovano senso, forse, se lette alla luce del fatto che la signora Antignano ricorda - per quel breve attimo in cui ha potuto vedere il figlio morto - un volto tumefatto e costellato di lesioni. Ma si sa, i ricordi sono fallaci e schiavi delle emozioni,
La salma è tornata su suolo italiano ieri: lo stato di decomposizione è avanzato, in quanto è stata conservata a temperature di molto superiori a quelle necessarie per mantenerla integra e passabile di un ulteriore esame autoptico. Ma quel poco che la scienza può scovare su quei resti rivela che sul volto la frattura c'era, eccome.
Quello che la scienza non scova sono gli organi del giovane, tutti quanti asportati e mancanti. Un tocco finale macabro, che chiude l'orrore di una storia relegata al fondo delle testate giornalistiche; troppo prese da un'altra morte, per poter raccontare anche questa. Si sa, lo stomaco dell'italiano è delicato.


sabato 3 ottobre 2009

Napolitano e lo Scudo Fiscale

Alla preghiera che si leva da decine di migliaia di voci - non firmare lo scudo fiscale, caro Nappy - questa la sua risposta:
«Nella Costituzione c'è scritto che il presidente promulga le leggi. Se non firmo oggi, il Parlamento rivota un'altra volta la stessa legge e a quel punto io sono obbligato a firmare. Questo voi non lo sapete? Se mi dite non firmare, non significa niente».

Sbaglio io, o N. si è scavato la fossa da solo? Sbaglio io, o è opinione uniforme della dottrina che l'art. 74 sia da intendersi come vincolante il Presidente ad un obbligo di controllo di costituzionalità di ogni legge?
Ero convinto che l'unico motivo per cui un Presidente non rinvia una legge è che non ravvisa alcun profilo di incostituzionalità.
A quanto pare, però, N. ha appena deciso che i compiti a lui preposti dalla Costituzione sono "superflui": tanto, se il Parlamento vuole, la rimanda indietro uguale. A quanto pare N. si sente in diritto di identificare la sua persona con il ruolo stesso di Capo dello Stato, e delegittimare con nonchalance la carica stessa: come se gli appartenesse, e lui potesse deciderne obblighi e libertà.

Cosa ancora più inquietante, un'affermazione del genere rischia tanto di suonare come "Lo so che la legge è incostituzionale, ma me ne fotto: tanto è inutile rimandarla". Il che si configurerebbe come consapevole sottrazione ad un obbligo costituzionale, e non come mero comportamento negligente.

"Se mi dite non firmare, non significa niente". Il vecchio cane sputa con tranquillità sulla Costituzione stessa, ma ha dalla sua la scusante dell'ignoranza: nient'altro potrebbe giustificare una dichiarazione così autolesiva, se non l'ignoranza.
Bravo Nappy.
Per fortuna c'è in giro chi la Costituzione la conosce un pò più di te.

domenica 19 luglio 2009

Riforma della professione forense - aggiornamento

Forse ricorderete che tempo fa segnalai un inusuale salto in avanti, lungo l'iter di approvazione, del disegno di legge 601 sulla riforma della professione forense.
Quel 601 che andava in controtendenza rispetto a tutti gli altri, proponendo un dimezzamento dei tempi del tirocinio, alla data del 14 luglio era il testo con le maggiori probabilità di essere approvato.
Il 15 luglio il sito del Senato pubblica come notizia l'approvazione della commissione permanente di Giustizia del "nuovo testo della proposta": già, perchè ora il testo del 601 è un pò diverso.
La commissione giustizia ha cancellato completamente la proposta iniziale, sostituendola con un testo lunghissimo che abbraccia una riforma tout court della professione e - in merito alla disciplina d'accesso - riprende il quadro già proposto da altre leggi facenti capo alla bozza di riforma del CNF.

Al parlamento piace fare le cose facili: invece che portare avanti una delle tante proposte arenatesi in commissione, con un testo che già in partenza si rifaceva alle proposte della famosa bozza, ha voluto portarne avanti uno completamente diverso per poi stravolgerlo da cima a fondo. Mah.

Fatto sta che domani il Senato inizierà l'esame in assemblea, con gli emendamenti eventualmente proposti fra il 14 e il 16 luglio. Chissà cosa ne verrà fuori.

venerdì 10 luglio 2009

Banca dati del DNA + Lotta alla corruzione? + Energia atomica & Editoria

Il mondo freme attorno a convenuti aquilani e spettri di icone morte del pop; di G8 e fantasmi ne parlano abbastanza le fonti di informazione convenzionale, quindi tocca a me spulciare il sito del Parlamento e tirar fuori qualche chicca. Dato che gli argomenti sono plurimi, sarò sintetico:

1) Con l'approvazione definitiva al Senato del disegno di legge S.586-905-955-956-960-B (la semplicità è di casa, in parlamento), sono stati istituiti la "banca dati nazionale del DNA" e il "laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA".
A quanto pare la "CSI mania" non si limita a format televisivi fotocopia (vedasi RIS) ma anche a qualcosa di concreto: oltre alle impronte digitali, è ora attivo questo strumento di lotta al crimine dal sapore (per noi ignoranti retrogradi) fantascientifico e rivoluzionario.
Il testo del ddl è molto lungo, e strano a dirsi sembra anche piuttosto preciso: si preoccupa di inquadrare con precisione i casi in cui è possibile effettuare il prelievo di campioni del DNA, di limitare l'uso dei dati raccolti all'indispensabile, di prevedere strette responsabilità per chi ne ha accesso, e via dicendo. Il costo complessivo del tutto è di circa 27 milioni di euro, dei quali quasi 21 sono già coperti da fondi ministeriali preesistenti. Nemmeno su questo fronte c'è dunque da lamentarsi.
Sembra - e dico SEMBRA - una legge nel complesso positiva. Lo strumento del DNA nella lotta alla criminalità è utilizzato con successo in molti paesi, e per come è stato strutturato nel nostro non sembrano configurarsi rischi del tipo "siamo tutti schedati". Ma sull'argomento non sono dei massimi esperti, quindi si vedrà.

2) Si sta dando esecuzione alla "Convenzione dell’Organizzazionedelle Nazioni Unite contro la corruzione", con una legge trasmessa alla Camera dal Senato per l'approvazione. Ho notato (e val la pena di comunicarlo) che la legge istituisce una nuova autorità per la lotta alla corruzione: i poteri dell'attuale "Alto Commissario per la prevenzionee ilcontrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all’interno della pubblica amministrazione" verranno trasmessi ad una nuova "Autorità nazionale anti-corruzione". Boh, forse è irrilevante. O forse è l'ennesimo segno di una burocratizzazione circolare e senza fine della pubblica amministrazione, subissata da istituti vecchi e nuovi che giocano a rimpiattino ai danni delle tasche di chi li finanzia (noi). Forse, quindi, tanto irrilevante non è.
Sì, mi piace auto-smentirmi.

3) Il Senato ha dato approvazione definitiva al DDL 1195-B, un testo il cui contenuto spazia per vari argomenti. Ne cito (e commento) un paio:
- Nucleare: il testo sancisce l'impegno del governo, entro sei mesi, a produrre una normativa che definisca la localizzazione delle centrali, degli impianti di stoccaggio e di smaltimento. Il nucleare sembra essere ormai una realtà consolidata nel futuro energetico del belpaese. Mi astengo dai commenti perchè l'argomento meriterebbe una trattazione biblica: fatevi la vostra opinione in merito.
- Editoria e Robin Tax: alzando dal 5,5% al 6,5% la "aliquota ordinaria Ires a carico delle aziende petrolifere e dell'energia elettrica" (una tassa che grava sulle suddette aziende), il governo incamera 140 milioni di euro che - negli anni 2009 2010 - andranno a beneficio dell'editoria. Giornali con tiratura di 10000 copie e 1000 lettori, finanziati dallo Stato come se di lettori ne avessero 10000, vi dice nulla?
Il fatto che i soldi vengano presi alle aziende petrolifere e dell'energia vale quel che vale: ciò che loro perdono in termini di tasse, lo recuperano alzando i prezzi. Per via indiretta, i soldi sono sempre i nostri.
- Class Action: la finanziaria 2008 del governo Prodi aveva previsto la possibilità per consumatori ed utenti di servizi pubblici di far "causa comune" in tribunale, coalizzandosi e presentandosi come un unico soggetto. A dispetto del testo originario, che escludeva questa possibilità, il testo definitvo del ddl la riammette: tuttavia ne impedisce la "retroattività", cioè impedisce la possibilità di farlo in relazione a reati commessi prima dell'approvazione della legge stessa. Peraltro questo nuovo strumento giudiziario non sarà attivo prima del 2010. Le parole "Parmalat" e "Cirio" dovrebbero suonarvi familiari.

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That's all, folks.


lunedì 29 giugno 2009

Corrotto e corruttore, è davvero così?

Prima di esordire con l'argomento principale, due pillole:

1) Alla Camera dei Deputati gira un progetto di legge interessante, in merito (sinteticamente) al "diritto all'oblio" di cui sono ipoteticamente titolari coloro i quali abbiano avuto trascorsi di natura processuale. Per l'argomento mi limito a rimandarvi a www.voglioscendere.ilcannocchiale.it, l'ultimo video di Travaglio è estremamente chiaro sull'argomento; nonchè al seguente articolo http://www.difesadellinformazione.com/ultime_notizie/132/internet-e-diritto-all-oblio-quando-la-memoria-cade-in-prescrizione/

2) Sul sito del Senato, fra i progetti di legge "maggiormente richiesti", è comparso quel 601 di cui parlai (fra i tanti) un pò di tempo fa, sulla riforma della professione forense. Il più breve e irrilevante, che si proponeva di dimezzare i tempi del tirocinio. Il meno propenso ad essere approvato. Ed è fra i maggiormente richiesti. Io lo chiamerei specchietto per le allodole, ma forse sono in mala fede

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L'altro ieri sera, al Teatro di Seriate, parlava sul tema "Giustizia, verità, regole" Gherardo Colombo. Ex pubblico ministero, ex magistrato, ha lavorato nel pool di magistrati di Mani Pulite, è stato membro della Corte Costituzionale, e altro ancora (e mi fermo: wikipedia esiste apposta per il nozionismo biografico).
La discussione è stata ampia, e Colombo ha toccato molti temi.
In particolare - sul rapporto fra verità e giustizia - sottolineava come la "verità" intesa nel processo penale sia una "ricostruzione dei fatti volta ad accertare la responsabilità o meno di un soggetto"; in virtù di ciò, diceva, il concetto processuale penale di "verità" è molto più ristretto di quello che il termine significa per noi a livello intuitivo.

Per fare un esempio: nel processo Mills, la verità che si ricerca è se Mills sia stato o meno corrotto (per ora, abbandoniamo il "da chi"). Nel processo Mills esercita i suoi diritti processuali di imputato: porta prove, documenti, testimoni, insomma si difende. Il processo si conclude (in primo grado) con una condanna: la verità accertata (chiamiamola verità giudiziaria) è che Mills è stato condannato.

Questa verità giudiziaria, tuttavia, si inquadra in una verità più ampia: una ricostruzione dei fatti più ampia, attraverso cui giungere alla constatazione della responsabilità di Mills. E in questa verità più ampia, spunta un'altra responsabilità di un altro soggetto: quella del corruttore, Silvio nostro.

E' stato oggetto di polemica (anche da parte mia) come questa ricostruzione dei fatti, questa verità più ampia della mera verità giudiziara del processo, non sia stata considerata (a tutti i livelli, soprattutto mediatica) un elemento scandaloso; qualcosa che sancisse automaticamente la colpevolezza del Berlusca.
Ma forse, sulla scia dell'entusiasmo e della malsopportazione per il personaggio, ho mancato di riflettere a sufficenza.

Alla mia domanda in merito (posta in termini astratti e non riferita al caso concreto), Colombo ha risposto dicendo qualcosa di lampante nella sua semplicità e correttezza: la "verità" che vede Mills responsabile è una verità a cui si è giunti dando all'imputato la presupposta capacità di difendersi. La verità che vede Berlusconi responsabile no.
Trascendiamo dal caso concreto. Il mio migliore amico ammazza qualcuno. Testimonia che io sono complice, il che è falso. Alla fine del suo processo, non avendo avuto io alcun modo di intervenire in mia difesa (perchè non sono imputato, il processo non è fatto nei miei confronti), risulta che si - lui ha ammazzato quel qualcuno - ma che io sono complice. Il processo nemmeno me lo fanno, e vengo condannato pure io.

Nella realtà, ovviamente, non potrebbero certo condannarmi senza processo; accadrebbe invece che la sentenza di condanna del mio amico verrebbe usata come prova da nei miei confronti, in un secondo processo che mi veda imputato: una prova comunque di un certo peso. Un peso che rischia di essere - se fomentato dall'opinione pubblica - schiacciante, determinante, eccessivo. La prova per la quale, magari, finirei condannato, anche se innocente.

Insomma, a livello teorico/astratto e di stretto diritto, ciò che molti hanno visto come uno scandalo (ripeto, me compreso), effettivamente non lo è. Che poi nel caso Mills le condizioni siano differenti (MOLTO differenti), non credo di doverlo sottolineare (il secondo potenziale responsabile, poverino! , non può nemmeno difendersi in un secondo processo: il Lodo Alfano glielo impedisce).

Il problema tuttavia esiste anche al di fuori del caso concreto, ed è a monte: se la sentenza non può essere utilizzata come prova, nel processo che seguirebbe contro di me (o contro Silvio), andrebbero riesaminate tutte le proveletestimonianzeidocumentituttoquanto! Tenuta presente la lunghezza esasperante dei tempi della giustizia, i risultati potenziali sarebbero due:
- Il reato eventuale del secondo eventuale responsabile (il mio omicidio, la corruzione operata da Silvio) finirebbe in prescrizione.
- Il risultato del secondo processo potrebbe persino contraddire il primo, e vedere il primo soggetto (condannato) risultare addirittura innocente (ma non essendo stato fatto direttamente a lui, il secondo processo, sarebbe ancora condannato: e quindi? E' un problema serissimo che onestamente non ho idea di come si risolva a livello di diritto; mea culpa).

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Tirando le somme: si dice il corrotto, ma non il corruttore. Vero
MA
Si direbbe anche il corruttore, se la giustizia funzionasse come dovrebbe. Con i tempi, i modi, e l'onestà che si presuppone debba avere. Questo è il vero problema. Questo è ciò su cui bisognerebbe focalizzare l'attenzione.
Quindi focalizzatevi, foche.

venerdì 19 giugno 2009

Censura Legale: un argomento scomodo

Tempo fa, nel mio vagare adolescenziale fra video dementi di youtube, capitai (non so bene come) su un'intervista fatta a tal Paolo Barnard. Un'intervista il cui contenuto non ha a che fare con quest'intervento. Fatto sta che da lì iniziai ad interessarmi al personaggio.

Paolo Barnard: giornalista, saggista, scrittore, co-fondatore di Report e attivo in RAI per 14 anni. Apprezzato ed elogiato da molti esponenti di politica, magistratura, giornalismo. Noto soprattutto per inchieste mandate in onda da quel Report da lui co-fondato: inchieste taglienti, scomode, di quelle che rendono Report un programma migliore di quanto a volte non sembri.
Nel 2001 Report manda in onda un'inchiesta di Barnard sul "comparaggio farmaceutico": una pratica a quanto pare usuale delle case farmaceutiche, le quali - offrendo viaggi in località esotiche ed incentivi di varia natura - incoraggiano i medici a prescrizioni "extra", molto spesso suprflue e potenzialmente dannose. Il servizio riscuote successo, e viene addirittura rimandato in onda nel 2003.
Nel 2004, un informatore farmaceutico denuncia per il servizio Barnard, la RAI e la caporedattrice di Report, Milena Gabanelli.
Da qui, per Barnard, iniziano i problemi. Problemi che, per essere compresi, necessitano di qualche premessa (e in queste premesse sta il succo del mio intervento: il caso concreto, che ha messo in luce la questione, è questione a sè stante sulla quale peraltro si possono sollevare obiezioni).

Chi lavora in RAI può farlo come 1) dipendente o come 2) collaboratore.
1) I dipendenti sono soggetti regolarmente assunti, e godono di "copertura legale" in caso di cause penali a loro intestate per lavori svolti in RAI. In pratica, se si viene denunciati per la violazione di un reato relativa a un servizio/inchiesta o quant'altro, la RAI paga le spese legali. Tuttavia questa copertura non esiste in sede civile: se la causa intestata non è penale ma civile, la RAI non paga le spese legali.
2) I collaboratori sono lavoratori "free lance", che vendono i propri servizi di volta in volta all'emittente RAI. Per poterlo fare, sono tuttavia vincolati a firmare un contratto in cui (a causa della c.d. "clausola di manleva") si assumono ogni responsabilità legale del loro lavoro. In parole povere si impalano sulla pertica della rinuncia a qualunque forma di tutela.

Barnard lavora come collaboratore, la Gabanelli è ovviamente dipendente.
A seguito della citazione (che appunto vede imputati lui, RAI e Gabanelli) la RAI e la Gabanalli vengono difesi da un prestigoiso studio legale romano a cui normalmente la RAI affida simili cause.
Barnard rimane appeso.
Ma non basta: la linea difensiva di RAI e Gabanelli, durante il processo, sarà di scaricare ogni responsabilità su Barnard. Dulcis in fundo, la RAI invia a Barnard un atto di costituzione in mora con il quale, sostanzialmente, si promette di rivalersi su di lui nel caso venga condannata a un risarcimento nel processo sopracitato.

A fronte di tutto questo esistono delle promesse, fatte dalla Gabanelli stessa a Barnard su una "sicura assistenza legale" che la RAI gli avrebbe offerto in situazioni del genere. Purtroppo le promesse volano assieme alle parole che le portano, tant'è che di assistenza Barnard non ne vede: peggio, diventa capro espriatorio su cui la stessa RAI tenta di scaricare ogni colpa.
Da qui in poi il caso diviene un'intricata sequela di promesse e smentite fra Gabanelli e Barnard: se proprio volete lanciarvi nella matassa, andate qui http://www.paolobarnard.info/censura_legale_repliche.php.

Ciò che mi preme sottolineare è che all'oggi i collaboratori, nel mondo del giornalismo, sono tanto importanti (numericamente e qualitativamente) quanto i dipendenti. Un simile abbandono alla spada di damocle eternamente pendente sulla testa di un giornalista della "denuncia per diffamazione" non è certo positiva per il mondo dell'informazione.
Se poi, analizzando il caso concreto, ci accorgiamo che all'abbandono si aggiunge l'accanimento, viene da chiedersi quante altre situazioni meno note ma ugualmente tristi siano accadute o accadano.
Insomma, l'ennesima batosta ad un'informazione già asfittica che certo non ha bisogno di essere ulteriormente deincentivate a portare avanti inchieste scomode, a fare domande che non piacciono, o affermazione dal labile confine con la diffamazione.

Per essere estremamente sintetici: la clausola di manleva è una merda. Se volete fare il giornalista collaboratore, ricordatevi sempre di questo revolver puntato alla vostra tempia: al primo passo fuori pista, rischiate tutto. Probabilmente la voglia di andare fuori pista vi passerà. E con lei se ne andrà l'ennesima possibilità di informazione libera.

domenica 14 giugno 2009

Legge Bavaglio - "E' calata la notte della Repubblica"

Dagli squallori europarlamentari, torno a radiografare gli eventi del bel paese: tanto, con tutta la carne (marcia) che c'è al fuoco, un paio di croci uncinate impigliate nell'UE sono quasi una letizia! Quasi.

Legge Bavaglio, dunque, o Progetto di Legge 1415 (prima) e 1415-A (dopo, la versione definitiva che comprende al suo interno altre cinque proposte di legge di argomento analogo).
Scrivò ciò che tutti sanno già: il testo è un bavaglio alla libertà di informazione. Ovviamente il suo contenuto va approfondito, ma per ora riassumo semplicemente quello che è stato il suo travagliato iter parlamentare:
- Fine Giugno 2008: presentazione alla Camera da parte del Governo come pdl 1415.
- Febbraio 2009: relazione dalla Commissione competente assieme agli altri cinque progetti concorrenti (che non sta per avversari), sotto nome di pdl 1415-A.
- Da Marzo a Giugno 2009: esame in assemblea degli articoli, presentazione di questioni pregiudiziali (in parole poverissime, di potenziali scorrettezze individuate dall'opposizione), esame di tali questioni, varie proposte emendative (cioè di modifica del testo base).

Da qui iniziano gli "hot spot":
- 10 Giugno 2009: il Governo presenta un maxi-emendamento (una lunghissima proposta di modifica) all'articolo 1 del testo della legge, e pone la questione di fiducia sulla votazione del medesimo. Tale maxi-emendamento comprende tutte le novità introdotte dalla Commissione Giustizia durante l'iter Camerale, accorpandole nel solo articolo 1 e sopprimendo gli altri 22. Quanto alla questione di fiducia, cos'è? Banalmente, il governo dice che se l'oggetto sul quale la sta ponendo non verrà approvato (in questo caso il maxi emendamento), allora si dimetterà. Lo scopo della questione di fiducia è ovviamente "compattare" la maggioranza e convincerla a votare si (in quanto un no vorrebbe dire lo scioglimento del Governo). Peraltro, la questione di fiducia fa decadere tutti gli emendamenti presentati in precedenza, rendendo l'approvazione dell'intero testo di legge molto più rapida. L'emendato articolo uno viene approvato: il governo è salvo! E considerato che è stato approvato l'unico articolo che ora costituisce il testo della legge, è intuibile il risultato della votazione finale dell'intero testo.
- 11 Giugno 2009: il Parlamento approva il testo finale del progetto di legge (ma và?).

Una volta approvato alla Camera, il testo viene trasmesso al Senato, dove dovrà ripercorrere lo stesso iter Camerale: se sarà approvato anche al Senato, il disegno di legge diverrà legge a tutti i dannosissimi effetti.

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Veniamo dunque al contenuto di questa legge. Dato che il maxi-emendamento ha sostanzialmente concentrato l'intero testo della legge nel solo articolo 1, sopprimendo tutti gli altri articolo, il testo della proposta ora in esame al Senato altro non è che il testo del maxi emendamento. Mi limito a riportare i punti più rilevanti (con qualche premessa), rimandandovi al testo intero se proprio volete farvi del male (testo della legge).

Cosa possiamo sapere
Gli atti di un processo coperti dal segreto non possono essere pubblicati, e ok. Non possono essere pubblicati - finchè non si concludono le indagini preliminari o l'udienza preliminare - nemmeno gli atti non più coperti dal segreto, MA (prima) era sempre possibile pubblicarne il contenuto: una volta scaduto il segreto, il contenuto di qualunque atto processuale era di pubblico dominio. Semplicemente non lo erano gli atti in sè.
Ora, invece, non è possibile pubblicare nemmeno per riassunto (e quindi nemmeno a livello di mero contenuto) intercettazioni ed atti processuali idonei a comprendere di chi e cosa si stia parlando, di qualunque forma e tipo, finchè non siano concluse le già citate indagini o l'udienza preliminare. Considerati i tempi della giustizia italiana, l'opinione pubblica può rimanere all'oscuro di determinati fatti (fino a poco tempo fa perfettamente conoscibili) per anni e anni. E ciò non è bello. Cara mamma, ha presente il suo vicino? Quello a cui lascia sempre suo figlio quando va a fare la spesa? Indovina un pò, sembra che al vicino piaccia sodomizzare gli infanti! Come? E' sotto udienza preliminare da più di tre anni e lei lo scopre solo ora? E' indignata? Cazzi suoi. It's law, bitch.

In quali casi possiamo saperlo
Viene ristretta a soli determinati casi l'ammissibilità non solo di intercettazioni telefoniche/telematiche o di generale telecomunicazione (già sussistente in precedenza), ma anche quella di immagini mediante riprese visive (novità). State attenti, paparazzi, perchè una foto di troppo può costarvi caro. Se poi le foto sono cinquemila e vi chiamate Zappacoso, molto caro.

Pene [le, non il]
Sono previste varie pene detentive: da uno a cinque anni per chi, in virtù del proprio coinvolgimento professionale, riveli informazioni non pubblicizzabili; da uno a tre anni per chi pubblichi editorialmente informazioni non pubblicabili. Sono inoltre previste sanzioni pecuniarie per chi pubblichi editorialmente e per chi non effettui l'adeguato controllo volto ad evitare la pubblicazione (un soggetto ibrido fra il direttore dell'editoriale e il redattore, chi sia esattamente non si capisce). Le sanzioni, che possono anche essere rivolte all'ente, sono nell'ordine delle migliaia di euro per i soggetti e delle centinaia di migliaia (fino ad arrivare a più di un milione di euro) per l'ente.

[Scendendo nel giuridico, ecco un nuovo pacchetto-limiti che il testo della legge offre alla già ansimante libertà d'indagine].

Intercettazioni ed autorizzazioni
Se prima il giudice autorizzava il pubblico magistrato a intercettare qualcuno sulla base di gravi indizi di reato, ora per la medesima autorizzazione devono sussistere evidenti indizi di colpevolezza. Ma se è evidente che uno è colpevole, allora cosa lo si intercetta a fare?! Per fortuna, per i reati di associazione mafiosa, tratta di persone, sequestro a fini di estorsione e terrorismo, sono sufficenti indizi di reato. Per tutti gli altri, comunque, serve la colpevolezza evidente. L'elenco dei rimanenti è infinito, ne citerò qualcuno a breve.

Quanto possono durare le intercettazioni?
Parliamo di durata delle intercettazioni. Prima le cose funzionavano in maniera semplice: ogni quindici giorni il pubblico ministero richiedeva il rinnovo dell'autorizzazione al giudice, laddove sussistessero i motivi che in origine lo avevano portato a iniziare le intercettazioni.
Ora le cose sono leggermente diverse: per i reati di associazione mafiosa, tratta di persone, sequestro a fini di estorsione e terrorismo, l'autorizzazione viene rinnovata ogni 20 giorni, sulle stesse basi di prima. Sembra meglio, ma la pecca c'è, ed è doppia: la durata massima non può superare quella della durata massima delle indagini preliminari (18 mesi o 2 anni, a seconda dei casi). Inoltre, per tutti gli altri reati le intercettazioni non possano durare per più di due mesi (30 giorni iniziali, proroga eventuale di 15, ulteriore ed ultima eventuale proroga di altri 15). Un esempio a caso, la frode. I realti di alto bordo, quelli "Tanzi style", che si trascinano in archi temporali biblici, tirano un sospiro di sollievo dal limbo del crimine. Un altro esempio a caso, la corruzione. La punta di diamante nell'elenco delle condanne che pendono su molti - troppi - esponenti della politica e delle istituzioni. L'omicidio. L'usura. L'associazione a delinquere non mafiosa. Potrei continuare fino al vomito. Fate voi.

Dove?
Salvi i soliti già citati casi, non è possibile piazzare strumenti di intercettazione in luoghi ove non esista fondata certezza che ivi stia accadendo un reato.

Riutilizzo delle intercettazioni
I risultati delle intercettazioni, prima, potevano essere utilizzati in procedimenti diversi solo qualora tali procedimenti riguardassero reati per cui è obbligatorio l'arresto in flagranza. Semplice. Ora, invece, viene ristretto il campo di ammissibilità a tutta una serie specifica di reati che nemmeno sto a scrivervi. Sicuramente dalla serie rimane fuori qualche reato per cui è obbligatorio l'arresto in flagranza, altrimenti la modifica non avrebbe senso. Sarei curioso di scoprire quale.

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Per semplicità, parlando del contenuto della legge ho sempre utilizzato il presente. In realtà tutti quegli "è" sono dei "sarebbe", che diventeranno "è" se il Senato approverà la legge.
Speriamo non lo faccia.
Come amebe impossibilitate ad utilizzare il teoricamente devastante potere che dovrebbero avere 60 milioni di persone, aspettiamo e speriamo.
Magari, nel mentre, firmiamo anche. Male non fa.
Firma l'appello di Repubblica.