venerdì 15 ottobre 2010

Ragazzate d'oltrealpe.

"Le jeux sont faits, rien ne va plus!". La roulette gira, gira gira, finché l'impietosa pallina si conficca su un 27 nero. Per Daniele Franceschi tutto finisce lì: la serata al casinò, la vacanza, la libertà, la vita.
Il trentaseienne di Viareggio, in vacanza a Nizza con amici, si appresta a saldare il conto con il casinò. Ma qualcosa va storto: la carta di credito sembra essere falsa. Una rapida chiamata alle autorità e - con un'efficienza rara - il giovane viene arrestato dalla gendarmeria francese: è il marzo 2010.
Cinque mesi dopo Daniele muore nel carcere di Grasse, nell'entroterra di Cannes. La versione ufficiale parla di "arresto cardiaco": uno di quei tipici arresti cardiaci che colgono i trentaseienni in buona salute.
E' forse stata la paura, a fermare il cuore del ragazzo? Perché a giudicare dalle lettere mandate ai genitori durante il soggiorno in carcere, ne avrebbe avuto ben donde: si parla di sopraffazioni continue, minacce, violenza. Da parte di tutti: guardie e detenuti. O forse è stata la violenta febbre a 41 gradi, sopraggiunta il 23 agosto (circa una settimana prima della morte) e ignorata completamente da tutti, a scombussolare la situazione.
Non fantasie, queste, ma fatti: raccontati in una lettera da Abdel, compagno di cella di Daniele, che si dice pronto a testimoniare.

Fino a qui la storia sembra riprendere un format all'italiana quasi classico, il "apri la cella e trova il morto" già mandato in onda da noi più volte. Ma i francesi - si sa, d'un altra classe - sanno aggiungere quel tocco in più alla novella.
La madre di Daniele, fin da subito incredula nei confronti della presunta "morte naturale" del figlio, stava protestando di fronte al carcere sopracitato, quando alcuni agenti hanno deciso che una simile protesta integrava il vilipendio alle istituzioni francesi. Risultato? Tre costole incrinate per la signora Antignano, ed una cella anche per lei. Se non fosse stato per l'intervento del consolato, probabilmente a quest'ora sarebbe ancora lì, chiedendosi quando sarebbe toccato a lei un arresto cardiaco.
L'ulteriore pennellata di stile al tutto viene dalla peculiare gestione degli eventi da parte delle autorità francesi: la ritrosia nel mostrare la salma ai genitori, sul suolo francese; l'autopsia blindata a cui non viene ammessa la presenza di un medico legale italiano. Due scelte che trovano senso, forse, se lette alla luce del fatto che la signora Antignano ricorda - per quel breve attimo in cui ha potuto vedere il figlio morto - un volto tumefatto e costellato di lesioni. Ma si sa, i ricordi sono fallaci e schiavi delle emozioni,
La salma è tornata su suolo italiano ieri: lo stato di decomposizione è avanzato, in quanto è stata conservata a temperature di molto superiori a quelle necessarie per mantenerla integra e passabile di un ulteriore esame autoptico. Ma quel poco che la scienza può scovare su quei resti rivela che sul volto la frattura c'era, eccome.
Quello che la scienza non scova sono gli organi del giovane, tutti quanti asportati e mancanti. Un tocco finale macabro, che chiude l'orrore di una storia relegata al fondo delle testate giornalistiche; troppo prese da un'altra morte, per poter raccontare anche questa. Si sa, lo stomaco dell'italiano è delicato.