venerdì 19 giugno 2009

Censura Legale: un argomento scomodo

Tempo fa, nel mio vagare adolescenziale fra video dementi di youtube, capitai (non so bene come) su un'intervista fatta a tal Paolo Barnard. Un'intervista il cui contenuto non ha a che fare con quest'intervento. Fatto sta che da lì iniziai ad interessarmi al personaggio.

Paolo Barnard: giornalista, saggista, scrittore, co-fondatore di Report e attivo in RAI per 14 anni. Apprezzato ed elogiato da molti esponenti di politica, magistratura, giornalismo. Noto soprattutto per inchieste mandate in onda da quel Report da lui co-fondato: inchieste taglienti, scomode, di quelle che rendono Report un programma migliore di quanto a volte non sembri.
Nel 2001 Report manda in onda un'inchiesta di Barnard sul "comparaggio farmaceutico": una pratica a quanto pare usuale delle case farmaceutiche, le quali - offrendo viaggi in località esotiche ed incentivi di varia natura - incoraggiano i medici a prescrizioni "extra", molto spesso suprflue e potenzialmente dannose. Il servizio riscuote successo, e viene addirittura rimandato in onda nel 2003.
Nel 2004, un informatore farmaceutico denuncia per il servizio Barnard, la RAI e la caporedattrice di Report, Milena Gabanelli.
Da qui, per Barnard, iniziano i problemi. Problemi che, per essere compresi, necessitano di qualche premessa (e in queste premesse sta il succo del mio intervento: il caso concreto, che ha messo in luce la questione, è questione a sè stante sulla quale peraltro si possono sollevare obiezioni).

Chi lavora in RAI può farlo come 1) dipendente o come 2) collaboratore.
1) I dipendenti sono soggetti regolarmente assunti, e godono di "copertura legale" in caso di cause penali a loro intestate per lavori svolti in RAI. In pratica, se si viene denunciati per la violazione di un reato relativa a un servizio/inchiesta o quant'altro, la RAI paga le spese legali. Tuttavia questa copertura non esiste in sede civile: se la causa intestata non è penale ma civile, la RAI non paga le spese legali.
2) I collaboratori sono lavoratori "free lance", che vendono i propri servizi di volta in volta all'emittente RAI. Per poterlo fare, sono tuttavia vincolati a firmare un contratto in cui (a causa della c.d. "clausola di manleva") si assumono ogni responsabilità legale del loro lavoro. In parole povere si impalano sulla pertica della rinuncia a qualunque forma di tutela.

Barnard lavora come collaboratore, la Gabanelli è ovviamente dipendente.
A seguito della citazione (che appunto vede imputati lui, RAI e Gabanelli) la RAI e la Gabanalli vengono difesi da un prestigoiso studio legale romano a cui normalmente la RAI affida simili cause.
Barnard rimane appeso.
Ma non basta: la linea difensiva di RAI e Gabanelli, durante il processo, sarà di scaricare ogni responsabilità su Barnard. Dulcis in fundo, la RAI invia a Barnard un atto di costituzione in mora con il quale, sostanzialmente, si promette di rivalersi su di lui nel caso venga condannata a un risarcimento nel processo sopracitato.

A fronte di tutto questo esistono delle promesse, fatte dalla Gabanelli stessa a Barnard su una "sicura assistenza legale" che la RAI gli avrebbe offerto in situazioni del genere. Purtroppo le promesse volano assieme alle parole che le portano, tant'è che di assistenza Barnard non ne vede: peggio, diventa capro espriatorio su cui la stessa RAI tenta di scaricare ogni colpa.
Da qui in poi il caso diviene un'intricata sequela di promesse e smentite fra Gabanelli e Barnard: se proprio volete lanciarvi nella matassa, andate qui http://www.paolobarnard.info/censura_legale_repliche.php.

Ciò che mi preme sottolineare è che all'oggi i collaboratori, nel mondo del giornalismo, sono tanto importanti (numericamente e qualitativamente) quanto i dipendenti. Un simile abbandono alla spada di damocle eternamente pendente sulla testa di un giornalista della "denuncia per diffamazione" non è certo positiva per il mondo dell'informazione.
Se poi, analizzando il caso concreto, ci accorgiamo che all'abbandono si aggiunge l'accanimento, viene da chiedersi quante altre situazioni meno note ma ugualmente tristi siano accadute o accadano.
Insomma, l'ennesima batosta ad un'informazione già asfittica che certo non ha bisogno di essere ulteriormente deincentivate a portare avanti inchieste scomode, a fare domande che non piacciono, o affermazione dal labile confine con la diffamazione.

Per essere estremamente sintetici: la clausola di manleva è una merda. Se volete fare il giornalista collaboratore, ricordatevi sempre di questo revolver puntato alla vostra tempia: al primo passo fuori pista, rischiate tutto. Probabilmente la voglia di andare fuori pista vi passerà. E con lei se ne andrà l'ennesima possibilità di informazione libera.

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