mercoledì 3 giugno 2009

Le mille peripezie del Cavaliere: dal Lodo Maccanico-Schifani alla riforma penale.

Venghino siori! Qui si narra la meravigliosa e incredibile storia di Sir Silvio, cavaliere con qualche macchia (ma senza paura) autore di epiche imprese già scritte nei libri di storia (quella con la esse minuscola, di cui vergognarsi). Sempre in groppa al suo mansueto destriero di nome Italia, egli galoppa da anni fra avventure dal sapore sì un pò giuridico, ma non per questo noiose.
Qui se ne vuole raccontare una.

Un giorno, un certo David Mills scrive una lettera al suo commercialista Bob Drennan: in essa afferma di aver ricevuto da Mr. B. 600.000 dollari, una piccola mancetta per essere rimasto "abbottonato" durante le testimonianze rese nei processi per i fondi neri di All Iberian e per corruzione della Guardia di Finanza.
Qui non si vuole raccontare i dettagli del processo Mills, quanto più il complesso architettonico di leggi costruito sullo stampo della lunga lingua del buon David.

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Mr. B. , o Sir Silvio, rischia grosso: il processo Mills per corruzione potrebbe chiudersi con la constatazione del suo ruolo di corruttore. Per grazia divina tuttavia il processo all'avvocato inglese cade in concomitanza con la sua seconda Presidenza del Consiglio [2001-2005]. E' proprio in questo lasso di tempo che viene presentato l'archetipo dell'attuale Lodo Alfano, nonchè il primo tentativo di salvataggio del premier: il Lodo Maccanico-Schifani [l. 140 del 2003].

Lodo è un termine che sta ad indicare la natura bipartisan di una legge: nonostante le apparenze, di bipartisan nel Maccanico-Schifani c'è ben poco. L'idea nasce sì a sinistra (Maccanico), ma viene stravolta e rimodellata dalla destra (Schifani) a un punto tale che la nomenclatura rimane giusto per indorare la pillola. Il lodo prevede essenzialmente quanto segue:
- Sospensione processuale per qualunque reato commesso in qualunque momento dalle cinque più alte cariche dello stato (Presidente del Consiglio, Presidente della Repubblica, Presidente della Corte Costituzionale, Presidente della Camera, Presidente del Senato).

Nonostante la rilevazione di profili di incostituzionalità da parte del Capo dello Stato (e successivo rinvio della legge), il testo è riapprovato senza modifiche. Manco il tempo di incazzarsi, che fortunatamente viene sollevata questione di incostituzionalità. La Corte Costituzionale si pronuncia, e qui sta il nodo.
Preposta alla sentenza della Corte sta la sua stessa "approvazione delle motivazioni stanti alla base della legge, ovverosia permettere alle cariche in questione un pieno esercizio delle loro funzioni istituzionali". Tuttavia la Corte non può fare a meno di notare alcuni profili di incostituzionalità:
1) Il diretto interessato non può rinunciare alla sospensione, dunque non può difendersi e dimostrarsi innocente se non dimettendosi dalla sua carica: ciò lede il diritto di difesa di ogni cittadino, in quanto non lo si può esercitare senza una lesione del dubbio "diritto di essere in carica".
2) La possibilità per il medesimo soggetto di usufruire della sospensione in più legislature lede il principio di giusta durata del processo: potenzialmente, un processo può rimanere sospeso per sempre. Basta essere eletti ad una delle cinque cariche in legislature successive.
3) La sospensione prolungata può far decorrere i tempi di prescrizione, e ciò non è bello.
4) Soggetti costituitisi parte civile nell'eventuale processo vedono lesi i propri diritti.
Esistono poi altre motivazioni, ma mi limito a queste. Peraltro, la Corte stessa ritiene eventuali altri profili di incostituzionalità "riassorbiti", come a dire: questi sono sufficenti.
- Nessun accenno alla lesione dell'articolo 3 sull'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.
- Nessun accenno al fatto che non c'è ragione di distinguere la disciplina di tutela processuale dei Presidenti di Assemblea da quella di qualunque altro parlamentare.
- Nessun (o quasi) accenno al fatto che si dispone con legge ordinaria una forma di tutela che si presuppone debba essere di rango costituzionale: la Costituzione stessa disciplina infatti la necessità di autorizzazione a procedere parlamentare per processare il Presidente del Consiglio in caso di reati commessi nell'esercizio delle sue funzioni. Il lodo Maccanico-Schifani si pone addirittura al di sopra della Costituzione, disciplinando qualunque reato, compresi quelli compiuti prima dell'elezione. La stessa legge afferma che "è fatto salvo quanto disposto dall'articolo 96 della Costituzione", in un implicito riconoscimento del suo volersi applicare in un campo ancora più ampio di quello racchiuso dal testo costituzionale. La Corte ha risolto il tutto affermando che il Maccanico-Schifani trattava non di immunità processuale (quella disciplinata dalla Costituzione), ma di sospensione processuale.
Nel delineare questi profili di incostituzionalità, la Corte sembra dunque tracciare un sentiero per un futuro progetto di legge che - risolvendo i profili di incostituzionalità rilevati dalla sentenza - crei un testo che abbia i medesimi effetti del bocciato Maccanico-Schifani, ma che sia virtualmente inattaccabile.

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Nel terzo governo Berlusconi, nasce la Legge 124 del 2008, o Lodo Alfano. Di lodo - cioè di bipartisan - ha ancora meno del primo: è tutta farina del sacco di Angelino. Farina ripulita dalla crusca del Maccanico - Schifani, cioè dai profili di incostituzionalità rilevati dalla Corte stessa:
1) Il diretto interessato può rinunciare alla sospensione.
2) Non si può usufruire della sospensione per più legislature.
3) Durante la sospensione, non si calcola il tempo che passa ai fini della prescrizione.
4) L'aspetto civile dell'eventuale processo va avanti.
In parole povere, il Lodo Alfano risponde perfettamente a quel proposito approvato dalla Corte Costituzionale: permettere alle più alte cariche dello stato di svolgere pienamente le proprie funzioni istituzionali. E lo fa risolvendo le "imperfezioni" delineate dall'unico organo in grado di decidere in ultima istanza se una legge sia o meno costituzionale, cioè la stessa Corte.
Virtualmente inattaccabile.

Beppe Grillo ha di recente sbandierato le sue famose cinque domande al Presidente della Repubblica, peccando di una certa superficialità e fors'anche di ignoranza.
- La promulgazione immediata da parte del Presidente Napolitano si spiega alla luce del fatto che i possibili profili di incostituzionalità erano già stati risolti in seno al testo stesso, nonchè all'ovvietà del fatto che un rinvio non avrebbe sortito alcun effetto: le Camere avrebbero riapprovato il testo così com'era; a quel punto il Presidente avrebbe dovuto obbligatoriamente promulgarlo, ai sensi della Costituzione.
- Quanto al parere preventivo della Corte Costituzionale, trattasi di un paradosso: la Corte non da pareri preventivi.
- L'autoesclusione sarebbe stato un gesto molto fiero, ma nei fatti inutile: la rinuncia alla sospensione può avvenire solo quando si configuri il caso concreto dell'essere sotto processo. Un'ipotetica "rinuncia preventiva" non avrebbe avuto alcun valore effettivo.

Un fatto resta: il Lodo Alfano non sembra proprio essere il massimo della rispondenza ai principi costituzionali. I dubbi sulle questioni non rilevate dalla Corte (quelle esposte poco fa) sono tutt'altro che irragionevoli, e più di un costituzionalista autorevole li ha messi in luce. Ma è la Corte che decide. E visto come la Corte ha lasciato che il Lodo Maccanico-Schifani spianasse la strada al Lodo Alfano, difficilmente ci si poteva aspettare qualcosa di diverso da quanto accaduto.

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Sembrerebbe che il nostro Cavaliere sia dunque protetto da un magico scudo, ma con timer incorporato: attento attento Silvio, perchè fra cinque anni non ci sono santi. Il lodo non ti può salvare, dovrai farti processare! Al termine di questa legislatura, infatti, scadrà anche la sospensione processuale di cui l'attuale premier gode. E ai sensi della legge, non sarà possibile una reiterazione in capo al medesimo soggetto nella legislatura successiva.
E' necessario allora intervenire su altri fronti, per salvare il cavaliere dal drago scarlatto della Magistratura. L'ultima frontiera delle leggi ad personam si chiama:

Disengo di legge 1440: riforma del processo penale: dal 19 maggio, la commissione permanente di Giustizia del Senato sta esaminando in sede referente questo disegno di legge dal titolo in verità molto più ampio (Disposizioni in materia di procedimento penale, ordinamento giudiziario ed equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo. Delega al Governo per il riordino della disciplina delle comunicazioni e notificazioni nel procedimento penale, per l'attribuzione della competenza in materia di misure cautelari al tribunale in composizione collegiale, per la sospensione del processo in assenza dell'imputato, per la digitalizzazione dell'Amministrazione della giustizia, nonchè per la elezione dei vice procuratori onorari presso il giudice di pace). Autore della proposta è Angelino Alfano, oramai noto negli ambienti del pugilismo underground col soprannome di Angelino "Custode di Silvio" Alfano.

Si tratta di un testo di riforma lunghissimo, che tocca molti aspetti. Due di essi tuttavia spiccano:
1) Viene modificato l'art. 36 comma 1 lettera h del codice di procedura penale. Tale articolo stabilisce i casi in cui un giudice deve astenersi da un processo, e viene modificato aggiungendo il testo che segue: "h) se esistono altre gravi ragioni di convenienza anche rappresentate da giudizi espressi fuori dall’esercizio delle funzioni giudiziarie, nei confronti delle parti del procedimento e tali da provocare fondato motivo di pregiudizio all’imparzialità del giudice.
Suona un campanellino: quello delle toghe rosse. A quanto pare, il mostruoso mangiabambini che ha condannato David Mills deve stare molto attento a non sottolineare che dal processo è emersa la colpevolezza di Sir Silvio, o rischia l'obbligo di astensione e la sostituzione con chissa chi altro.
2) Viene circoscritta a reati specifici la possibilità di acquisire sentenze definitive come prove per altri processi. Fra questi reati non risulta la corruzione.
In parole povere, l'ipotetica (e probabile) sentenza definitiva che affermi "David Mills è stato corrotto da Sir Silvio" non potrebbe essere prova valida per accusare il premier. Ciò non implica ovviamente che non sia possibile processarlo: nondimeno, l'impossibilità di utilizzare la sentenza a carico di Mills renderebbe molto più lento il procedimento. Andrebbero presentate tutte le prove, interrogati i testimoni, insomma si dovrebbe ignorare la verità attestata nel processo Mills per ri-verificarla in un nuovo processo contro Berlusconi. Con il rischio del parto di una nuova e diversa verità. Forse meno vera dell'altra.

Che in questa lentezza, il Cavaliere speri? Spera in una nuova verità? O spera forse di svegliarsi dall'incubo purpureo in cui maligne entità lo hanno gettato, udendo finalmente il rassicurante suono di una sveglia di nome "prescrizione"? Chissà.


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