lunedì 29 giugno 2009

Corrotto e corruttore, è davvero così?

Prima di esordire con l'argomento principale, due pillole:

1) Alla Camera dei Deputati gira un progetto di legge interessante, in merito (sinteticamente) al "diritto all'oblio" di cui sono ipoteticamente titolari coloro i quali abbiano avuto trascorsi di natura processuale. Per l'argomento mi limito a rimandarvi a www.voglioscendere.ilcannocchiale.it, l'ultimo video di Travaglio è estremamente chiaro sull'argomento; nonchè al seguente articolo http://www.difesadellinformazione.com/ultime_notizie/132/internet-e-diritto-all-oblio-quando-la-memoria-cade-in-prescrizione/

2) Sul sito del Senato, fra i progetti di legge "maggiormente richiesti", è comparso quel 601 di cui parlai (fra i tanti) un pò di tempo fa, sulla riforma della professione forense. Il più breve e irrilevante, che si proponeva di dimezzare i tempi del tirocinio. Il meno propenso ad essere approvato. Ed è fra i maggiormente richiesti. Io lo chiamerei specchietto per le allodole, ma forse sono in mala fede

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L'altro ieri sera, al Teatro di Seriate, parlava sul tema "Giustizia, verità, regole" Gherardo Colombo. Ex pubblico ministero, ex magistrato, ha lavorato nel pool di magistrati di Mani Pulite, è stato membro della Corte Costituzionale, e altro ancora (e mi fermo: wikipedia esiste apposta per il nozionismo biografico).
La discussione è stata ampia, e Colombo ha toccato molti temi.
In particolare - sul rapporto fra verità e giustizia - sottolineava come la "verità" intesa nel processo penale sia una "ricostruzione dei fatti volta ad accertare la responsabilità o meno di un soggetto"; in virtù di ciò, diceva, il concetto processuale penale di "verità" è molto più ristretto di quello che il termine significa per noi a livello intuitivo.

Per fare un esempio: nel processo Mills, la verità che si ricerca è se Mills sia stato o meno corrotto (per ora, abbandoniamo il "da chi"). Nel processo Mills esercita i suoi diritti processuali di imputato: porta prove, documenti, testimoni, insomma si difende. Il processo si conclude (in primo grado) con una condanna: la verità accertata (chiamiamola verità giudiziaria) è che Mills è stato condannato.

Questa verità giudiziaria, tuttavia, si inquadra in una verità più ampia: una ricostruzione dei fatti più ampia, attraverso cui giungere alla constatazione della responsabilità di Mills. E in questa verità più ampia, spunta un'altra responsabilità di un altro soggetto: quella del corruttore, Silvio nostro.

E' stato oggetto di polemica (anche da parte mia) come questa ricostruzione dei fatti, questa verità più ampia della mera verità giudiziara del processo, non sia stata considerata (a tutti i livelli, soprattutto mediatica) un elemento scandaloso; qualcosa che sancisse automaticamente la colpevolezza del Berlusca.
Ma forse, sulla scia dell'entusiasmo e della malsopportazione per il personaggio, ho mancato di riflettere a sufficenza.

Alla mia domanda in merito (posta in termini astratti e non riferita al caso concreto), Colombo ha risposto dicendo qualcosa di lampante nella sua semplicità e correttezza: la "verità" che vede Mills responsabile è una verità a cui si è giunti dando all'imputato la presupposta capacità di difendersi. La verità che vede Berlusconi responsabile no.
Trascendiamo dal caso concreto. Il mio migliore amico ammazza qualcuno. Testimonia che io sono complice, il che è falso. Alla fine del suo processo, non avendo avuto io alcun modo di intervenire in mia difesa (perchè non sono imputato, il processo non è fatto nei miei confronti), risulta che si - lui ha ammazzato quel qualcuno - ma che io sono complice. Il processo nemmeno me lo fanno, e vengo condannato pure io.

Nella realtà, ovviamente, non potrebbero certo condannarmi senza processo; accadrebbe invece che la sentenza di condanna del mio amico verrebbe usata come prova da nei miei confronti, in un secondo processo che mi veda imputato: una prova comunque di un certo peso. Un peso che rischia di essere - se fomentato dall'opinione pubblica - schiacciante, determinante, eccessivo. La prova per la quale, magari, finirei condannato, anche se innocente.

Insomma, a livello teorico/astratto e di stretto diritto, ciò che molti hanno visto come uno scandalo (ripeto, me compreso), effettivamente non lo è. Che poi nel caso Mills le condizioni siano differenti (MOLTO differenti), non credo di doverlo sottolineare (il secondo potenziale responsabile, poverino! , non può nemmeno difendersi in un secondo processo: il Lodo Alfano glielo impedisce).

Il problema tuttavia esiste anche al di fuori del caso concreto, ed è a monte: se la sentenza non può essere utilizzata come prova, nel processo che seguirebbe contro di me (o contro Silvio), andrebbero riesaminate tutte le proveletestimonianzeidocumentituttoquanto! Tenuta presente la lunghezza esasperante dei tempi della giustizia, i risultati potenziali sarebbero due:
- Il reato eventuale del secondo eventuale responsabile (il mio omicidio, la corruzione operata da Silvio) finirebbe in prescrizione.
- Il risultato del secondo processo potrebbe persino contraddire il primo, e vedere il primo soggetto (condannato) risultare addirittura innocente (ma non essendo stato fatto direttamente a lui, il secondo processo, sarebbe ancora condannato: e quindi? E' un problema serissimo che onestamente non ho idea di come si risolva a livello di diritto; mea culpa).

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Tirando le somme: si dice il corrotto, ma non il corruttore. Vero
MA
Si direbbe anche il corruttore, se la giustizia funzionasse come dovrebbe. Con i tempi, i modi, e l'onestà che si presuppone debba avere. Questo è il vero problema. Questo è ciò su cui bisognerebbe focalizzare l'attenzione.
Quindi focalizzatevi, foche.

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